Watt Radio oggi

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La storia di Watt Radio dal 1924 ad oggi

Il contesto storico

In Italia, che grazie a Marconi può essere considerata come la patria della radio, lo strumento della radio ebbe difficoltà maggiori a prendere piede che altrove, come nei paesi anglofoni, principalmente per motivi politici legati agli anni in cui tale invenzione stava cercando di emergere.

Mentre negli Stati Uniti d’America e nel Regno Unito le prime trasmissioni radio risalgono ufficialmente al 1920, in Italia bisogna aspettare il 1924 in cui Benito Mussolini fece il primo discorso radiofonico pubblico nella storia dell’Italia.

La nascita di Watt Radio

Proprio nel 1924 a Torino, in zona San Donato, dalle ceneri di una fabbrica di materiale elettrico di vario genere, la Watt, che si occupava principalmente di conduttori elettrici isolati, nasce una nuova attività. Grazie all’impulso del sig. Giuseppe Soffietti, questa nuova impresa si sarebbe occupata di produzione e commercializzazione di componenti per la radiotelefonia, ambito che in quel momento sembrava la giusta via per chi voleva guardare al futuro tecnologico delle comunicazioni. Il nome che questa attività, tra le primissime in Italia, prese inizialmente fu quello di “Rag. G. Soffietti & C.”

La radio diventa popolare

Nella seconda metà degli anni ‘20, gli sviluppi tecnologici permisero alla radio di essere finalmente ascoltata da più persone contemporaneamente all’interno della stessa abitazione, dando così molta più utilità a questo strumento, aumentandone notevolmente la popolarità.

Dopo i primi anni della nuova impresa (1925-1927), dedicati prevalentemente alla costruzione e al commercio di parti staccate, nel 1928, Rag. G. Soffietti & C. cavalca quest’onda di notorietà del media in questione, passando alla produzione di apparecchi radiofonici completi. La ditta torinese diventa quindi una società anonima denominata “Watt Radio, Fabbrica Conduttori Elettrici Isolati S.A.”, acquisendo quindi il nome principale per cui la conosciamo ancora oggi.

Nel 1929 Watt Radio lancia quindi il modello Watt Trionfo completo a tre valvole, alimentato a rete, con altoparlante elettromagnetico separato dal chassis e con i primi elettrodinamici; in seguito intorno al 1930 ne arriva un modello più compatto, il Watt Piccolo.

Nascono le prime frequenze radio

Nel 1930 la radio continuava a consolidarsi sempre di più come un fenomeno di massa, in questi anni iniziano a essere trasmessi i primi spot pubblicitari e programmi innovativi e di grande gradimento popolare. Nel 1931 nasce Radio Vaticana e nello stesso anno si diffonde la radiocronaca calcistica. Qualche anno dopo anche la cronaca di guerra, con l’invasione italiana dell’Etiopia.

Col 1932 una nuova era del servizio di radiodiffusione si apre grazie all’avvento industrializzato della supereterodina: un componente che permetteva finalmente di poter scegliere tra una vasta gamma di frequenze radio e poter quindi ricevere molte più stazioni radiofoniche.

Grazie allo spiccato spirito di avanguardia che caratterizza Watt Radio e anche al suo adeguamento costante della produzione alle più recenti tecnologie, e crescenti esigenze di una sempre più vasta clientela, nasce nello stesso anno il modello Rapsodo con ben otto valvole.

La rivoluzione degli anni ’30: la scala parlante

Negli anni ‘33-’34 i gusti e le tendenze commerciali in materia di radio si devono ancora assestare in Italia, è comunque un periodo di miglioramenti nei vari componenti dello strumento radiofonico. Era ora possibile usare meno valvole per ottenere la stessa se non migliorata sensibilità della radio: nascono quindi i modelli “Eolica” a cinque valvole (primo in Italia ad avere il controllo automatico del volume) e “Orfeo” a sei valvole. Successivamente seguiti dal modello “Teledina I” con quattro valvole, nato da un’intesa con Telefunken.

Questi ultimi ricevitori sfruttavano però valvole americane e non ebbero una vasta risonanza tra il pubblico della penisola italiana.

Nello stesso periodo, una nuova invenzione, la scala parlante, inizia a prendere piede anche in Italia sul finire del 1933. La scala parlante era una finestra di vetro attraverso la quale si poteva finalmente avere dei feedback su a quali frequenze fosse sintonizzata la radio attraverso dei numeri riportati su di essa e a un indicatore.

Nei primi apparecchi domestici non era infatti possibile fissare di fabbrica, né personalmente, delle precise frequenze di ricezione e bisognava procedere per tentativi. La sintonizzazione di tali frequenze variava anche in base all’antenna o alla posizione dell’apparecchio, rendendo quindi tale compito eccessivamente tedioso.

In questo periodo la Watt Radio capisce di essere sulla buona strada e non tarda ad accontentare la sua clientela con i nuovi modelli provvisti di scala parlante: “Teledina II”, “Apollo” e “Ardito”. In seguito quelli con più gamme d’onda: “Watt5”, “Imperiale” e “Vittoria”.

Watt Radio viene ampliata

La tecnologia della radio continua ad avanzare portando negli anni seguenti alla creazione di modelli forniti di selettività variabile e nuclei ferrosi nelle bobine di media frequenza tra i quali ricordiamo: il “Cinedina”, l’ ”Olimpia” e il “Watt 900”. Quest’ultimo al periodo era uno degli apparecchi più economici e alla portata di tutti mantenendo comunque un’ottima sensibilità.

Nel 1938, con le valvole finali a fascio elettronico, la Watt Radio spopola quindi con i modelli “Cadetto”, “Freccia”, “Sabaudo” e “Frejus”.

Il progresso di quegli anni portava ad avere componenti sempre migliori potendo quindi assicurare una maggiore sensibilità e stabilità sulle onde corte, una diminuzione dei rumori bianchi di sottofondo e una riproduzione dei suoni più pulita.

La produzione di Watt Radio non si esaurisce però con questi prodotti ma grazie al suo successo viene subito ampliata negli stessi anni. L’attività torinese poteva infatti produrre un gran numero di tipologie di apparecchi elettronici quali radio ricevitori, amplificatori a bassa frequenza, impianti centralizzati di riproduzione sonora e apparati elettroacustici, microfoni, cellule fotoelettriche, prese grammofoniche potendo quindi essere considerata una delle maggiori realtà industriali italiane di elettronica domestica.

La popolare Radio Balilla

Nel 1936 partecipa come solito alla Mostra Nazionale delle Radio di Milano, VII edizione, dove viene lanciato il modello “popolare” RadioBalilla. Un modello di radio realizzato con materiali poveri e un circuito semplice a tre valvole.

La storica Radio Balilla non è però in realtà di una marca specifica o un modello particolare, bensì un progetto unificato a cui aderivano alcune tra le marche di aziende produttrici di radio più importanti del tempo e sostenuto anche dall’EIAR (Ente Italiano per le Audizioni Radiofoniche) che diventerà in seguito la odierna Rai.

Tale progetto aveva portato quindi alla realizzazione di diverse Radio Balilla, ognuna secondo standard produttivi personalizzati ma che doveva rispettare specifiche disposizioni ministeriali al fine di contenere il costo di vendita entro le 430 lire per poter permettere anche alle persone meno abbienti di possedere una radio.

Questo ricevitore rappresentava l’evoluzione del progetto iniziato con Radio Rurale, a cui Watt Radio non aveva partecipato, un modello precedente più costoso e sofisticato ma il cui acquisto era permesso esclusivamente a organizzazioni fasciste.

Watt Radio di Torino produce due serie di Radio Balilla, che differivano per la tipologia di zoccoli, i cui esemplari ancora presenti sono più rari dei comuni modelli prodotti da altre case produttrici, in quel periodo più commerciali.

La seconda guerra mondiale

Con l’avvento della seconda guerra mondiale, e con l’ingresso dell’Italia nel 1940, per radio Watt fu, purtroppo, un periodo di magre fortune e grandi disastri. Il conflitto aveva infatti favorito il lancio definitivo della radio, consolidandone il ruolo di mezzo più potente e veloce per le comunicazioni ma, al tempo stesso, nei territori della Repubblica Sociale, aveva portato al bando l’ascolto di alcune radio, considerate “nemiche”.

Alcune delle frequenze messe al bando erano Radio Monteceneri, Radio Mosca, Radio Vaticana e soprattutto Radio Londra. Se ascoltate clandestinamente, tali radio, potevano portare l’ascoltatore a essere punito anche con la pena di morte, sebbene fossero l’unica fonte per conoscere il vero andamento della guerra.

Durante il conflitto gli stabilimenti di Watt Radio subiscono anche gravi danni a causa dei continui bombardamenti avvenuti a Torino e nella provincia. A causa di questi attentati le attività della ditta non poterono riprendere stabilmente prima del 1948.

La ripresa del dopo guerra e la nascita della TV

Nel 1948, con la riapertura dell’attività, Watt Radio si evolve e cresce ancora una volta entrando nel campo della televisione, considerata concettualmente di fatto una evoluzione della radio. Questo nuovo media stava venendo sviluppato da anni, anche per finalità militari, e venne reso disponibile al pubblico subito dopo la seconda guerra mondiale.

Alla fine della guerra, inizia la ricostruzione d’impianti di diffusione radio che avevano subito danni a causa del conflitto e inizia subito il periodo d’oro della radio per l’Italia. Il prezzo degli apparecchi cala drasticamente e la maggioranza degli italiani possiede almeno una radio nelle proprie abitazioni.

Nel 1951 viene trasmesso in diretta radio il primo Festival di Sanremo che omaggiava la canzone italiana, esprimendo inoltre lo stato d’animo di quel disastroso dopoguerra pieno di feriti e difficoltà economiche.

Con l’inizio dell’ascesa della popolarità della televisione, la radio viene inoltre spinta a cercare nuove strategie che portano, tra le varie cose, anche all’invenzione dell’autoradio e di radio sempre più compatte e trasportabili ovunque, permettendo quindi all’invenzione di Marconi di reggere la concorrenza con la neo nascente televisione, almeno per quel periodo.

Watt Radio manda in onda il primo canale italiano con la RAI

Inizia inoltre nel dopoguerra una stretta collaborazione tra Watt Radio e la neo nominata Radio Audizioni Italiane – RAI (ex EIAR). Queste due imprese promuovono quindi esperimenti con le trasmissioni televisive che portano, nel 1954, all’attivazione del centro trasmittente di Torino Eremo: la prima postazione televisiva della RAI, che nello stesso anno cambia denominazione diventando l’attuale Rai – Radiotelevisione Italiana che conosciamo oggi.

Il Centro trasmittente di Torino Eremo porterà all’accensione del primo canale televisivo in Itala dalla collaborazione di Rai e Watt Radio e svolgerà il suo lavoro fino allo switch-off delle reti analogiche del 2009, segnando così un passaggio storico per le telecomunicazioni, per poi essere demolito nell’estate del 2020.

Nel 1958, da “Watt Radio, Fabbrica Conduttori Elettrici Isolati S.A.”, la società anonima diventa una società in accomandita semplice, passando alla ragione sociale “Watt Radio S.a.s. di G. Soffietti & C.”. Trasferisce la sede e lo stabilimento in un nuovo capannone in via Bistagno 10 nel quartiere di Santa Rita e si dedica ufficialmente anche alla produzione di televisori pur non abbandonando la produzione delle radio.

Collaborazioni con la Rai negli anni ’60

Negli anni ‘60, Watt Radio continua la sua collaborazione con la Rai che si trovava in difficoltà per via della scarsa adesione del pubblico ai suoi abbonamenti radio. Per aggirare tale problema, insieme si inventarono una promozione che offre una radio per FM (frequenze modulate) per sei mesi a chiunque avesse effettuato l’abbonamento radiofonico.

Watt Radio produce quindi il modello 736, su specifiche della Rai, con tanto di logo frontale della nota azienda radiotelevisiva torinese. Questi modelli presentavano sull’etichetta posteriore la dicitura “apparecchio non in vendita”, la variante in commercio presentava infatti il logo di Watt Radio e veniva diffusa separatamente. La convenzione durò per un paio d’anni, finché la Rai non concesse che, per tale promozione, i modelli 736 forniti rimanessero di proprietà degli abbonati.

Dagli anni ’70 ad oggi

Dagli anni ‘70 comincia per l’azienda un periodo di declino causato da una forte concorrenza estera (principalmente orientale), iniziavano a sentirsi i primi segni della globalizzazione che sarebbe avvenuta più prepotentemente un paio di decenni più avanti. Questa situazione porta in breve tempo alla liquidazione della società. Essa verrà in seguito, nel 1975, rilevata dalla Piemonte Elettronica S.R.L. Di Alfonso Cassin e Francesco Novarese, portando lo stabilimento a Brandizzo e specializzando la produzione in televisori e, in seguito, anche decoder per la pay-TV.

Dopo essere divenuta ufficialmente Watt Radio S.R.L., dopo gli anni 2000 sposta la sua sede a Beinasco, dove attualmente si occupa principalmente di riparazione e vendita di televisori LCD e LED a elevato contenuto tecnologico qualitativo, specialmente per alberghi, residence, R.S.A e Camper, assistendo e installando direttamente in loco grazie a collaboratori presenti in tutta Italia.

Reperti di Watt Radio in giro per l’Italia

Uno dei ricevitori Watt Radio a cinque valvole è attualmente esposto nella collezione dell’esposizione permanente Au fil des ondes dell’Associazione Valdôtaine des Archives Sonores presso la Maison du Mosse di Avise; mentre un modello Super Stella 42 a 5 valvole e con scala parlante si trova al Museo delle Industrie e del Lavoro del Saronnese a Saronno nel Varese, insieme al altri pezzi dell’ormai secolare impresa torinese.

Un manifesto pubblicitario degli anni ‘30 è attualmente conservato nel Museo nazionale Collezione Salce di Treviso.

Un secolo di storia ed il valore dell’antiquariato

Questa azienda è tra le poche che possa vantare di aver di compiuto un vero e proprio centenario, vivendo di fatto per oltre un secolo e vedendosi passare davanti non solo i maggiori avvenimenti del 1900 ma anche gli inizi del XXI secolo fino a oggi.

Attraverso la sua storia possiamo rivivere le principali tappe del progresso tecnologico in campo radio e telecomunicazioni. Molte delle sue prime radio (ma anche poster pubblicitari o manuali d’istruzioni) sono attualmente pezzi di antiquariato che possono valere anche centinaia di euro. Nonostante ai loro tempi fossero state comprate per poche centinaia di lire, infatti, le Watt Radio più vecchie, sono considerabili reperti della storia della comunicazione; per fare un esempio, il costo di una Radio Balilla, di cui abbiamo parlato sopra, era intorno alle 430 lire (circa 0,20 €) ed è ora rivenduta tra i 50 e i 500 € a seconda della sua condizione.

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